venerdì 20 aprile 2018

Orso Bianco. Un'amicizia che dura da una vita

Quando sono nata, la mia madrina mi ha regalato un peluche, un orso bianco. Da allora lui dorme con me, non sempre nello stesso letto, ma comunque a distanza ravvicinata.

Non ho avuto una grande fantasia rispetto al suo nome, si chiama Orso Bianco. Orso di nome, Bianco di cognome. Lui non si è mai lamentato del suo nome, sicché questo è rimasto.

Orso bianco ha ascoltato silenziosamente i miei segreti, ha accolto tra le sue zampe pelosette le mie lacrime, di gioia e di tristezza. Orso Bianco per me è un grande amico.

Orso Bianco è il difensore del mio sonno e dei miei sogni. Fin da piccola, ho pensato che durante la notte, non appena chiudevo gli occhi, i miei peluche prendessero vita e Orso Bianco fosse una sorta di leader ma super buono e per niente dittatoriale.

Radicata la mia convinzione che Orso Bianco sia un essere vivente, pensante e respirante, ho sempre avuto numerosi problemi a buttarlo in lavatrice e darli una lavata.
Nonostante sia convinta che Orso Bianco in questi anni abbia imparato a fare le immersioni in apnea, per me è sempre uno strazio metterlo in lavatrice. Sicché, invece che essere bianchissimo come un fiocco di neve, è piuttosto grigino, e tutti i miei amici e amiche, compresi i miei genitori e il mio compagno, mi prendono in giro.

Il mio più grande desiderio rispetto a Orso Bianco, è che possa essere tramandato di generazione in generazione come quella trapunta di cui si parla nel libro della Strega Bambina. Una trapunta che contiene un diario segreto. Non c'è nessun diario in Orso Bianco. Solo segreti, che per fortuna mia non svelerà mai.

Selfie fatto da Orso Bianco, prendendo i primi raggi di sole primaverili a Lucerna. 
La mia passione per i peluche tuttavia non si limita a Orso Bianco. Ma si estende a tutti i peluche che vedo in qualsiasi luogo. Supermercato, negozi vari, chioschi, in vendita o in esposizione. E ho pensato di creare l'Associazione per la Liberazione dei Peluche (ALP), un'associazione che si occupa di liberare i peluche dalle grinfie di mani moleste di esseri umani che non portano rispetto per queste creature di pezza e imbottitura.

Andare per negozi con me può risultare abbastanza impegnativo. Per questo motivo, quando ciò capita con Emi, non appena mi avvicino al reparto peluche, lui mi mette una mano davanti agli occhi e mi incita a tirare dritto.
Quando ciò non succede, la scena è più o meno questa: io che mi avvicino ai peluche, comincio ad accarezzarli tutti, promettendo loro che un giorno li libererò.

Levata questa parentesi dalla mia vita, sono una persona normale, sana di mente e piuttosto centrata.

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